Eccomi, come promesso, a raccontar del goliardico we.
A volte le scelte diventano la naturale conseguenza di eventi che non riesci a gestire ed allora ti lasci trasportare inerme da una corrente che ti incanala dove non vorresti. Ad un certo punto trovi un ramo che sporge e in quell’istante ti rianimi, annaspando fino a quando non riesci ad aggrapparti a quell’ancora di salvezza.
Avevo iniziato a programmare con largo anticipo un viaggio a Capo Nord in moto in pieno inverno. Avevo visto filmati di altre esperienze simili e mi aveva affascinato terribilmente l’idea di provarci. Coinvolsi Giorgio, un giovane collega con impiantato il germe dell’incoscienza che rispose entusiasta ancor prima che finissi di formular la proposta.
Iniziammo a documentarci sulle condizioni climatiche possibili, sulle rotte migliori e sui materiali necessari per viaggiare su neve e ghiaccio. Soprattutto avvisammo il nostro capo della necessità di avere un mese di ferie a Gennaio nella speranza che, avvisandolo per tempo, si ammorbidisse all’idea poco per volta. Quello che all’inizio era un ni, si trasformò in un forse, probabilmente, vediamo…No! Non c’è la copertura dei turni.
Umore sotto i piedi.
Quindi che si fa? Ed ecco che il ramo in lontananza sporge dalla riva sottoforma di sms: ”Ritrovo venerdì sera per programmare il prossimo Elefantentreffen”. Mikeinviaggio Nuvoletta, alias Michele, conosciuto undici anni addietro durante la mia prima esperienza ad uno dei più noti motoraduni invernali europei e reincontrato l’anno scorso grazie al tanto vituperato Facebook, mi ricorda che da lì a poco si ripeterà l’Evento.
Immediatamente chiamo Giorgio. “Che ne dici? Potrebbe essere un valido placebo” – “Perché no? Mi basta partire”.
In questo siamo molto simili: il solo pensiero di mettere le ruote in strada ed evadere dalla quotidianità ci galvanizza facendoci dimenticare la delusione recente. Chiediamo ai colleghi di liberarci dai turni per tre giorni e via ad organizzarci.
Ci incontriamo in pizzeria per una chiacchierata ed una birretta propiziatoria. Ritrovo Michele (il “tecnico” del gruppo), il Volpi (autentica anima goliardica dalla battuta frizzante e colorita) e Danilo. Facciamo inoltre la conoscenza con due volti nuovi: Andrea e Ivan (preoccupato di portar le gomme della sua Multistrada nuova di zecca sulla neve e sul ghiaccio).
I giorni precedenti la partenza li dedichiamo a preparare rudimentali catene da neve e a completare la dotazione di materiale più o meno termico.
Gioisco come un bambino nel mondo dei balocchi guardando le previsioni meteo che promettono abbondanti nevicate sul posto… Che Elefante sarebbe senza?
La sera della vigilia la dedico ad agghindare la moto con un pizzico di goliardia: orrende quanto efficaci moffole paramani, un paio di peluches legati in bella vista, una targa che mi ricorda (ma soprattutto lo ricorda a chi mi segue) che l’intima affettuosità, in qualsiasi sua forma è sempre meglio di un’ottima giornata al lavoro. Che poi è quello che mi accingo a fare. Un viaggio in moto potenzialmente faticoso e turbolento che si fa preferire di gran lunga alla quotidianità calda e confortevole di un lavoro sfibrante.
E’ ufficiale: sono in burn-out!
Mia moglie partecipa divertita mentre mia madre mi chiede quando crescerò: sapesse quanto in realtà sono normale rispetto alla media dei partecipanti!
Via! Sette e un quarto al primo autogrill dopo Brescia Centro.
Sono un ritardatario cronico ma questa volta è Giorgio che ci porta a ritardare di qualche minuto l’incontro con gli altri ragazzi…va beh…i compagni sono pazienti e nel frattempo si berranno un caffè. Li agganciamo, mani che si stringono svelando (nell’energia che sprigionano) la voglia di evasione. Foto di rito ed entriamo in autostrada.
Subito incontriamo i primi motociclisti diretti in quel di Solla. Custom, enduro, scooter, stradali, granturismo e monocilindriche. Nessun mezzo è escluso dal partecipare. L’unico limite è posto dalla propria fantasia.
Uno squadrone di BMW GS ci supera compatto e veloce. Certamente Milanesi! Noi preferiamo tenere velocità ampiamente sotto il codice; un po’ perché il tutor sorveglia severo il nostro viaggio, un po’ perché il Volpi quest’anno porta nella fossa una vecchia XL 600 e il monocilindrico con le sue caratteristiche vibrazioni mette a dura prova il suo fondoschiena.
Mani e piedi si alzano in segno di saluto ad ogni incontro facendo crescere quell’eccitazione che ti pervade quando sai che stai per partecipare ad un evento raro.
Il sole inizia a prender possesso del cielo, pennellandolo con tinte accese che rimandano a terre lontane e viaggi speciali…e la mente gioca un brutto tiro insinuandosi col ritornello delle country roads di John Denver. Non ho mai avuto un ottimo rapporto con l’inglese e così la mia memoria musicale mi concede solamente di ripetere all’infinito un ritornello storpiato, urlando a squarciagola nel casco e dimenando spalle, collo e testa rendendomi quantomeno curioso a chi mi incrocia che sorpassa ridendo.
Poco prima di giungere al Brennero ed incollare la necessaria Vignetta, ci fermiamo per una sosta ristoratrice. Quest’ anno ci siam divisi i compiti sicché le libagioni sono abbondanti ma in questo momento sono i liquidi caldi a farla da padrone pur non trovandoci a temperature eccessivamente rigide.
Prima di ripartire decido di collegare il lettore musicale alle cuffie del casco; quantomeno i colori del West Virginia potranno scorrere senza intoppi.
Rientriamo in autostrada con un occhio al compagno davanti ed uno a quelli che ci seguono. Inizio a giocare con le sagome dei fanali, contando continuamente le nostre presenze. E so che altrettanto fanno gli altri.
E’ un aspetto estremamente rassicurante; so che non sono solo e in un contesto come quello in cui ci stiamo buttando può far la differenza. Inoltre non aprendo la fila posso delegare il compito di seguire le indicazioni stradali, potendo cosi godermi l’ambiente che ci circonda.
Il paesaggio cambia rapidamente passando da montagne vestite d’ autunno come conseguenza di un inverno che non sembra voler arrivare, ad altre invece spolverate di bianco, facendoci così calare nello spirito di questo raduno.
Le temperature si abbassano seppur non di molto e le orrende moffole, unite alle manopole riscaldabili (segno di un’età che avanza), svolgono egregiamente il loro compito evitando il congelamento delle dita.
Poco prima di Monaco decidiamo di lasciare l’autostrada e di tagliare il tragitto attraverso le dolci strade provinciali. L’asfalto è incredibilmente asciutto e pulito, tanto che viene la tentazione di lasciarsi andare ad un’andatura più giocosa ma basta qualche minima incertezza dei pneumatici per ridurci a più miti consigli…e poi il Volpi è sempre lì che arranca col suo frullatore!.
La sosta pranzo in un’area pic-nic ha un che di surreale vista dall’esterno. Effettivamente non è il periodo migliore per sedersi ad un tavolino all’aperto a mangiare pane e cotoletta che, per renderla più digeribile, mettiamo a scaldare qualche minuto sugli scarichi delle moto. Un bicchiere di rosso alla giusta temperatura e poi via, con l’obbiettivo di giungere al raduno prima del calar del sole. Non prima di aver acceso l’XL con un paio di candele e qualche santo.
Giunti nei pressi di Solla, località del ritrovo, riusciamo a raggiungere l’’ingresso seguendo anche lo sciame di moto che, via via c’avviciniamo, diventa sempre più fitto. Non ci fermiamo e tiriamo dritti verso l’albergo.
Certo, sarebbe corretto vivere il raduno fino in fondo e piazzare una nostra tenda su una balla di fieno. Ma l’esperienza m’è bastata una volta e mi accontento di ritrovare vecchi amici che posso trovare solo ed esclusivamente qui.
Preso possesso delle stanze ci concediamo un po’ di relax nella piscina/sauna dell’albergo e poi via, col desiderio di una zuppa calda al mattatoio.
Per chi non lo sapesse, il mattatoio (ammesso che si chiami effettivamente così) non è altro che una (probabilmente) stalla che viene adibita a birreria/tavola calda. Posto sudicio e avvolto in una cortina di fumo perenne. Un posto che probabilmente in nessun altro contesto avrebbe le autorizzazioni per essere aperto ma qui…signori, qui mi ci infilo a testa bassa. Mi piace da impazzire con la sua atmosfera da terra di frontiera, da gulag siberiano, da villaggio di minatori. Quest’anno l’umanità è meno bizzarra del solito ma la goulash suppe è sempre lei. E’ un po’ come mangiare la minestra della nonna. Ha quelnonsocchè… E scalda. Ragazzi come scalda. Ritrovarla è un piacere e mi fa sentire a casa. Improvvisamente un paio di ragazzi salgono in piedi sui tavoli e con la chitarra invitano il pubblico a seguirli sulle note di Country Road…è proprio la colonna sonora del viaggio.
Intrisi di tutta quell’umanità ci avviamo a piedi verso l’ingresso del raduno, bramosi di pagare i 20 euro che danno libero accesso al girone dantesco per eccellenza. Di notte poi l’aspetto è decisamente surreale. Tra falò, nebbiolina che sale leggera, rumori stridenti e fantasmi di tedeschi ubriachi, sembra di addentrarsi in uno scenario fantasy. Decidiamo di non scendere troppo nella fossa, ridotta come sempre ad un’unica lastra di ghiaccio, e torniamo al nostro albergo percorrendo quei cinque chilometri che ci separano a passo d’uomo; un po’ perché siamo effettivamente stanchi e un po’ per la paura di trovar ghiaccio ad ogni curva.
Il tempo di sfiorare il cuscino con la testa e non sento neanche la domanda che mi rivolge Giorgio.
Il mattino dopo, ipercalorica colazione alla tedesca ingurgitando proteine sufficienti anche per il pranzo e la cena e poi via a calcar i sentieri del raduno a fotografare all’impazzata e a commentare i risvolti del genio umano che qui raggiunge apici di follia. Ad una fiera del custom non si troverebbe la metà di quello che si riesce a trovar qui.
Modifiche strutturali ardite, altre apparentemente inutili…ma tutte han sicuramente richiesto ore di appassionato ed incessante lavoro.
E mentre fotografi, commenti, dai delle gran pacche sulle spalle di persone che trovi solo qui…mentre insomma fai da spettatore a questo enorme circo bianco, pian piano ne diventi parte anche tu e ti scopri felice di imbrutirti e di regredire ad un livello adolescenziale. Ma un adolescente dei nostri giorni; quello che non aveva bisogno di telefoni cellulari o chissà che altro per divertirsi. E’ tutto qui il succo del viaggio. E’ capace di farti staccare completamente da tutto. Danilo ed Ivan confessano che son riusciti a spegnere il telefono dopo anni che non lo facevano…e te lo dicono con un tono misto di soddisfazione ed incredulità come se non avessero mai conosciuto altra realtà.
Comprato l’immancabile tazza ricordo da portare a mio figlio e scaldati con un improbabile tee mit rhuum decidiamo di far ritorno in albergo prima di un’uscita serale. Ma l’Hondina di Volpi non ne vuol sapere di ripartire. Candele su candele, santi su santi e scalciate su scalciate fa sudare le proverbiali sette camice. E come accade in questi casi ti ritrovi tutti addosso accalorati e accomunati dalla solidarietà tra motociclisti.
Nel frattempo scorgo uno sguardo teso di Ivan il quale si dice di preoccupato per un rumore anomalo alla sua Multistrada 1200. E’ il più anziano del gruppo ma anche quello meno avvezzo ai viaggi fuori dall’Italia. Riusciamo in qualche modo a ridar vita al recalcitrante monocilindrico e torniamo in albergo. Qui decidiamo di controllare la ducatona e tra cacciaviti e brugole prestate, apriamo i coperchi delle cinghie. Brutta sorpresa. Una di queste balla vistosamente e non riuscendo ad accedere alla parte interessata, decidiamo di chiamare il service Ducati visto che è ancora in garanzia. Grazie all’estrema gentilezza del receptionist dell’albergo che si presta come traduttore, riusciamo a spiegare alla signorina il problema. In due ore il carro attrezzi viene a prendersela e la porta in un’officina a pochi chilometri da li. Probabilmente è pronta lunedì mattina. Leggo lo sconforto negli occhi di Ivan che pensa al suo negozio che lo aspetta e tento di incoraggiarlo. Ci concediamo un paio d’ore a mollo nell’acqua calda e poi decidiamo di far nuovamente visita al mattatoio.
Questa sera le temperature sono decisamente più rigide e l’umidità si fa sentire. Ma l’idea di una zuppa calda ci rianima. Un po’ di chiacchiere, una birra di accompagnamento e poi, vista la stanchezza e lo scoramento di Ivan, decidiamo di saltare la visita in notturna al raduno e ci riavviamo immediatamente all’albergo. Passiamo davanti alla casermina della polizia e vediamo che si stanno per apprestare ai controlli notturni. Penso che c’è andata bene e son sollevato. Ma la nostra andatura è troppo lenta a causa del ghiaccio sulla strada e un loro furgono riesce a raggiungerci e superare. Scompare nella notte ma lo ritroviamo poche curve più avanti e ci fan segno di fermarci.
“Ci siamo” e già vedo qualche centinaio di euro volar via, considerato il mezzo di litro di birra bevuto non più di un quarto d’ora prima.
“Italiani?” – “Afete befuto?”
“Ein Bier”-cerco di essere convincente- “Sofiare kua”
E mi esce un soffio leggero nella speranza che una parte dell’alcol che mi sento in bocca esca da altre parti… “Blow, blow”, mi incita.
Un breve consulto col collega e poi: “In Germani una bier is okkei”
Mi verrebbe da rispondere che in Germani la bier is okkei ma evito di sfidar la sorte, prendiamo le nostre patenti e rimontiamo in sella.
“Drive safe”, indicandoci il ghiaccio e li salutiamo.
Il mattino dopo, appuntamento presto per la colazione, salutiamo Ivan che resta ad aspettar la sua bella e via, per far rientro a casa.
Temperature costantemente di poco sotto lo zero ma la nostra attrezzatura ci isola divinamente consentendoci di viaggiar in tranquillità.
Ci godiamo per l’ultima volta queste deliziose strade collinari ripromettendoci di tornarci in primavera…sai che goduria?
In Austria rientriamo sulla autobhan e ci fermiamo sul ponte europa per una pausa pranzo. Al momento di ripartire veniamo avvicinati da un guzzista che ci chiede i cavi per far partire il suo california. Senza pensarci avvicino la mia moto alla sua, attacco le pinze alla mia e lui fa altrettanto alla sua. Via di gas e prova ad accendere. Ma nessun segno. In compenso del fumo denso bianco sale dalla sua moto. Spegni tutto e stacca!!!
Che è successo? Guardiamo e la guaina del suo freno si è sciolta.
Ecco allora che la solidarietà motociclistica entra in gioco. Potrebbe essere un filo scoperto che fa corto…svita questa fiancatina, togli il serbatoio, allenta qua. In breve mezza moto è smontata ma non troviamo nulla. Improvvisamente a Giorgio sale il sospetto e tocca il pulsante di massa… Un banalissimo pulsante di massa schiacciato per errore…ed infatti si accende sorniona. E quindi quel fumo?
Semplicemente nel collegare il cavo rosso, si è toccato il tubo del freno e ha fatto un corto.
“Prova a pinzare i freni”… Il posteriore fa pisciare olio dal tubo… “E l’anteriore??”. Niente, quello è integro e funziona bene…
Ok amico, vai piano e non usare il posteriore…buon viaggio e lieti di esserti stati d’aiuto…
Mi sembra di essere entrato in un fumetto di Joe Bar… L’amico ci saluta sconsolato e noi ripartiamo… Ah, gran cosa la solidarietà tra motociclisti!
Oltre il Brennero la temperatura sale sopra lo 0 e ci sembra di essere in primavera, ma più ci avviciniamo all’arrivo più la tristezza sale proporzionalmente.
Nessun viaggio mi lascia tanto amaro all’arrivo come questo… Un viaggio dove compagni di avventura che nella realtà non conosci affatto, diventano il più importante punto di riferimento. Un viaggio dove cerchi le difficoltà e resti deluso se non le trovi.
Rosso all'orizzonte....Country road, take me home...
Non vedo l’ora che sia di nuovo gennaio.